Piatto di paccheri de La Briga

Quale qualità a ristorante?

Per poter parlare di questo aspetto nella ristorazione, occorre anzitutto riconoscere che esistano differenze tra la qualità erogata – intesa come la qualità oggettiva data dal valore commerciale dei beni, degli investimenti e delle risorse messe in campo dall’imprenditore – e la qualità percepita, ovvero il livello qualitativo vissuto soggettivamente dal cliente, con tutte le infinite sfumature di conoscenze e vissuti che può, o meno, possedere.

Un’ulteriore distinzione riguarda gli aspetti hard e soft della qualità: i primi sono le aree di investimento la cui incidenza è specificata dal mercato, come le materie prime, i vini, i componenti di corredo e arredo, l’immobile e l’allestimento; mentre possiamo definire soft le risorse immateriali, che siano comunque in grado di stabilire il posizionamento del ristorante, come la professionalità in cucina o sala, l’accoglienza, l’atmosfera, ecc… E’ interessante notare però che, mentre la qualità oggettiva erogata appare coincidente con quella percepita dai clienti per gli aspetti hard, essa viene percepita in modo sensibilmente diverso in relazione alle competenze e alle esperienze del consumatore per gli elementi soft.

La selezione delle materie prime è, da sempre, considerata il principale fattore cruciale per garantire la qualità dei ristoranti, in ogni categoria. Tra le componenti che influiscono sul livello di ciascun locale, l’offerta di ingredienti freschi, certificati, naturali e ricercati è al primo posto nella mente dei clienti. Anche a tal fine i ristoratori provvedono a rifornirsi da produttori artigianali e rivenditori specializzati, oppure variano periodicamente i piatti nel menù seguendo la stagionalità, o valorizzano le competenze della cucina nell’impiegarli ed esaltarli. Tuttavia, adoperare ingredienti di alta qualità richiede un investimento di risorse significativo, che può influire anche pesantemente sui costi di gestione. In secondo piano, per la maggior parte degli esercizi – fatta esclusione per ristoranti gourmet e stellati Michelin – ma comunque rilevante, anche la preparazione e la presentazione dei piatti.

L’attività della cucina viene spesso vista come la sintesi finale di una ricerca costante, di tentativi, di sperimentazioni e studi per proporre un’offerta che non sia solo culinaria, ma anche che acquisisca un aspetto culturale e innovativo. Al contrario in locali come trattorie e pizzerie, la manipolazione è considerata solo nell’ottica di un’esecuzione corretta, che rispetti la tradizione, eventualmente in rari casi, introducendo piccole rivisitazioni a pietanze storiche.

Una dimensione più trasversale di investimento concerne la tecnologia applicata alla cucina, con la finalità di valorizzare ogni ricetta tramite l’impiego dei sistemi di cottura più adeguati. In alcuni casi, come la cottura sous vide, essi consentono un triplice vantaggio: preservano le specificità, il gusto, gli aromi e i valori nutrizionali del prodotto; permettono una migliore gestione dei tempi di cottura e preparazione; consentono un più efficiente stoccaggio e pronto utilizzo. Nel processo di progettazione degli investimenti, quindi, cercando di ottimizzare i tempi e ridurre i costi, è possibile che siano inseriti strategicamente questi macchinari.

L’aspetto relativo alla proposta beverage può risentire fortemente del segmento in cui il ristorante intende posizionarsi: per la fascia alta, la costituzione di una cantina di pregio – e magari di un assortimento di distillati e liquori per la mixology – richiede investimenti significativi, per la fascia media la spesa in vini non oltrepassa il 50% circa degli investimenti totali, inserendo in carta anche un buon numero di bottiglie di valore più contenuto. Nel caso delle trattorie e delle pizzerie, generalmente, la proposta di una carta dei vini è marginale, presentando però la possibilità di differenziarsi ugualmente tramite un’offerta variegata di birra e di vini sfusi possibilmente dall’ottimo rapporto qualità-prezzo.

Se ci si focalizza sulla qualità nell’accezione relativa al servizio “relazionale”, svolto dal personale, essa rappresenta il maggior costo di un’impresa ristorativa. Nonostante questo, deve essere riconosciuta come una parte di investimento assolutamente necessaria: la qualità del servizio è comunicata anche attraverso i comportamenti dello staff, in modo para verbale o del tutto non verbale. Affinché la comunicazione con gli ospiti sia efficace e proficua, occorre supportare i collaboratori nella crescita professionale, valorizzando il know-how tecnico e l’intelligenza emotiva.

Infine la caratterizzazione del locale, con specifici arredi, allestimenti e atmosfera, opera in sinergia con l’immagine coordinata e con gli operatori, contribuendo alla percezione della qualità e al conseguente posizionamento dell’attività. Quanto riportato in questi paragrafi costituisce il primo atto di uno scambio comunicativo efficace, trasferendo qualità al vissuto, al ricordo e alla frequenza con cui il consumatore visita il ristorante.

Alla luce di quanto sopra, bisogna tenere in ogni modo presente che l’obiettivo dell’impresa di ristorazione dovrebbe sempre essere il soddisfacimento di ciascuno dei seguenti livelli:

  • Qualità implicita: essa viene data per scontata dall’ospite, che non si aspetta la sua assenza. Eppure anche se al massimo livello, non contribuisce alla soddisfazione e non genera alcun vantaggio competitivo per il ristorante (ad es. ci si aspetta che il cibo servito sia commestibile);
  • Qualità attesa: rappresenta il livello che il cliente si aspetta di ricevere da quel determinato locale. Essa viene influenzata dalla comunicazione che ha ricevuto sul ristorante (ad es. tramite pubblicità o passaparola). Questa qualità è necessaria per soddisfare i bisogni personali (ad es. climatizzazione, insonorizzazione, luminosità, ecc.);
  • Qualità erogata: è quanto il ristoratore ritiene di aver fornito agli ospiti. Si basa però sulle convinzioni, sulle riflessioni, sui controlli relativi ai servizi offerti da parte dell’imprenditore e, come visto, non è affatto detto che quanto erogato corrisponda a quanto percepito dal consumatore;
  • Qualità percepita: riproduce la qualità effettivamente riconosciuta dall’ospite. Questo livello si forma durante tutto il processo di fruizione dei servizi offerti dal ristorante e rappresenta l’obiettivo dell’imprenditore: rendere la qualità percepita superiore a quella erogata;
  • Qualità latente: è definita da un bisogno recondito del cliente, ancora inconscio, che però viene soddisfatto nel momento in cui il ristoratore offre un particolare servizio. È un livello qualitativo che non era stato considerato prima e che diventa evidente solo quando viene appagato. Questo tipo di qualità ha un grande valore strategico in quanto, quando raggiunta, contribuisce ampiamente alla soddisfazione del cliente.

Purtroppo, per quanto il ristoratore possa mettere in atto tutte le iniziative descritte, il livello di qualità che il cliente effettivamente riconosce è solitamente il minimo. Il massimo livello qualitativo percepito dal consumatore corrisponde al livello più basso del ciclo produttivo: assistendo alla performance di un coro, il livello percepito dagli spettatori sarà quello del corista meno preparato, nonostante gli altri componenti possano essere tutti eccelsi.

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Vago gustando cibi, bevande e le proposte enogastronomiche dei ristoranti.
Descrivo liberamente le esperienze vissute e condivido alcuni pensieri in ambito agroalimentare.

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